Riflessioni sulla Mafia
Il
23 Maggio del 1992 viene fatto saltare in aria Giovanni Falcone, con la moglie
Francesca Morvillo e gli uomini della scorta, nel tratto di autostrada tra
Palermo e Capaci. Il 19 Luglio dello stesso anno, qualche mese dopo l’attentato
Falcone, salta in aria anche Paolo Borsellino, sotto casa della madre, mentre
stava andando a farle visita. Gli uomini del maxiprocesso alla mafia siciliana,
coordinati da Antonino Caponnetto, vengono fatti fuori. La mafia non perdona,
si dice, perché non dimentica. E loro lo sapevano. Erano ben consci di essere
solo dei cadaveri ambulanti. Prima o poi il tritolo sarebbe arrivato anche per
loro. E così è stato. Le organizzazioni criminali non si arrendono alla
fermezza delle istituzioni. Dopo Aldo Moro, il Generale Carlo Alberto Dalla
Chiesa, la strategia della tensione non si allenta. E la guerra terroristica e mafiosa
continua. La mafia è un fatto umano, e come tutti i fatti umani ha un inizio e
una fine, diceva Falcone. Ma le forze migliori delle istituzioni che devono
essere messe in campo per combattere le eversioni evidentemente non sono ancora
sufficienti a stroncare un fenomeno così radicato nella storia italiana.
Chiunque si espone contro la pseudo cultura mafiosa viene preso di mira dalle
organizzazioni del terrore. Roberto Saviano vive sotto scorta per aver avuto il
coraggio di denunciare apertamente nel suo libro Gomorra la situazione della
camorra napoletana e i meccanismi con i quali agisce la forza eversiva dello
stato dentro lo Stato. L’antistato ha la memoria lunga, non dimentica facilmente. E
prima o poi te la fa pagare. L’antistato teme la cultura, l’educazione,
la politica, la civiltà, quel lavoro lento ma radicale che fanno tutte le
istituzioni quotidianamente per combattere l’illegalità nascosta e sommersa del
nostro paese. L’antistato combatte il sistema della tassazione fiscale, e
favorisce l’evasione;
fa traffico abusivo di droga, armi e denaro sporco. L’antistato detta la legge
come il legislatore, e pretende di essere super leges. L’antistato vuole
contrapporsi alla forza della legalità con quella violenta delle armi e del
sopruso. L’antistato
vuole privare il libero cittadino dei suoi diritti civili per opporgli la
sottomissione e il silenzio alla prevaricazione di cui lo rende oggetto. L’antistato
è la dittatura del più forte contro la democrazia del dialogo e della parola.
La strategia della tensione contro quella della distensione. I fatti degli
ultimi giorni non dimostrano altro che un peggioramento delle relazioni tra
stato e organizzazioni criminali. Prima di sabato scorso nessun atto
terroristico era stato ancora indirizzato ai giovani studenti di una scuola
superiore. I regolamenti di conti avvenivano tra i capi clan e tra loro e i
rappresentanti delle istituzioni. Ora si è passati a colpire al cuore gli obiettivi
civili. La cultura, la scuola, i ragazzi studenti che hanno la sola colpa di
aver voglia di studiare, e non di imbracciare un’arma, per dire al mondo le
loro proprie ragioni. Questa imposizione della violenza, del silenzio, della
sopraffazione, non ha eguali nella storia del nostro paese. E non fa differenza se venga da destra o da sinistra; se sia il frutto del pensiero scellerato di un folle, o il progetto perverso di forze terroristiche o mafiose. In ogni caso rimane un gesto inaccettabile!
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