Cose così...

Abitava nel mio palazzo, nella scala accanto, ma non sapevo niente di lui, fino a qualche giorno fa. Conosco i suoi genitori, gente semplice che coltiva la fede quotidianamente con la preghiera e la frequentazione della parrocchia di quartiere. Ma la sua storia nessuno me l'aveva raccontata. Quanto è vero che viviamo isolati in muri di cemento armato. Quegli stessi muri che abbiamo edificato attorno a noi per proteggere meglio la nostra solitudine! E poi ci lamentiamo di non aver amici, di non sapere con chi parlare quando ne abbiamo bisogno. 

Era andato via da Foggia (e come si può dargli torto) quando si era innamorato, e aveva messo su famiglia. Non so se avesse figli, si dicono in giro tante cose...Ma poi il matrimonio non era andato bene e aveva preferito tornare a casa dai suoi genitori. 

E qui, al suo ritorno nella casa paterna, la terribile scoperta. Sapere di essere afflitto da un male incurabile. Disperazione che si andava ad aggiungere ad altra disperazione...

A volte non ce la si fa a sopportare il dolore, soprattutto quando a quello spirituale si aggiunge quello fisico insopportabile di certe malattie, che ancora oggi, nonostante i progressi della medicina ti marchiano a fuoco, facendo di te un malato terminale di un male incurabile. 

Certe volte non ce la si fa...e accade così che mentre c'è una giovane ragazzina di soli sedici anni che voleva vivere e che viene violentemente strappata alla vita come un fiore terribilmente reciso mentre comincia a sbocciare, chi è stato già tanto provato dalla tristezza del vivere, anche se sa che va tutto bene, che la malattia si è momentaneamente fermata ad uno stadio che gli rende ancora possibile la vita, stenta a credere che sia vero, e decide di farla finita perché non riesce a trovare più un solo motivo ancora per il quale valga la pena di continuare a soffrire.

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