Medici fiscali
Ho
lavorato per un anno intero senza fermarmi un istante, credendo in tutto quello
che ho fatto, senza tregua, mai lasciandomi andare, anche nei momenti più
difficili. Immaginavo di essere come un’atleta alle sue gare olimpiche, e di
poter vincere un record che mi sarei regalato idealmente per il fatto di non
essermi mai assentata da scuola: nemmeno un giorno di malattia. E d’altra parte
non ci sarebbe stato nulla di strano in questo. Ma capisco che possa apparire
un po’ demodé, perché in fondo è ormai demodé anche fare il proprio dovere. Poi
però arriva sempre un momento in cui la prova ci chiama e ci presenta il conto
della vita, ricordandoci la nostra comune umanità, e la precarietà dell’essere.
Richiamandoci al compito che abbiamo il dovere di assumere verso noi stessi e
la nostra propria salute. Forse lo stress, forse l’aver trascurato qualche
sintomo, forse un raffreddore di stagione curato male, e la testa scoppia per
giorni e giorni, e le forze cedono il passo alla stanchezza. Non ce la faccio.
Devo fermarmi. Anche perché sopraggiunge la febbre. Mi dico che è normale. Mi
racconto che è il corpo che detta certe regole. Alle quali si può solo
obbedire. O soccombere. Vado dal medico, mi faccio visitare, prendo le medicine
e salgo a casa…dormo, riposo, sudo, mangio, mi curo, e dopo due giorni ho ancora
quella terribile febbre che mi distrugge e mi costringe a dormire…quando ecco
che arriva lui. Il medico fiscale allertato per il suo controllo di routine.
Dovrebbe visitarmi, per stabilire se il mio medico ha fatto la diagnosi giusta.
Magari anche valutare se è il caso di farmi tornare a lavoro o trattenermi a
casa ancora qualche giorno, perché ne ho ancora bisogno per riprendere le
forze. D’altra parte si sa che il lavoro di insegnamento non è come quello d’ufficio,
in cui ti siedi dietro una scrivania e se ti senti poco bene non parli con
nessuno, e te la puoi cavare con una giornata di silenzio e di asociale
scontrosità. A scuola devi dar retta a più di venti persone per classe. Ed
ognuno di loro ti porta i suoi problemi, le sue ansie, i suoi bisogni. Se non
sei al cento per cento non puoi farcela. Non è possibile. Invece lui, il medico
fiscale, si presenta con il suo taccuino in mano. Non ha nemmeno la borsa
professionale. A stento mi lancia un’occhiata. Non gliene frega niente di come
sto. Mi chiede cosa io abbia, ma è una consolidata prassi del suo mestiere. Fanno
tutti così. Poi comincia a scrivere e mi dice che mi conferma la malattia,
quella che gli ho comunicato io di avere. Infine mi chiede di firmare. Nel
frattempo gli dico che non credo che riuscirò a tornare. La febbre ce l’ho
ancora, e forse sarà necessario prolungare la malattia, dal momento che proprio
oggi ho cominciato l’antibiotico, vista la persistenza della temperatura. Pare
non mi abbia nemmeno sentito. Non so come abbia fatto ma è già vicino alla
porta, sta per andar via. Solo il tempo di sussurrare “ha scelto un brutto
momento per ammalarsi, la fine dell’anno scolastico”. E certo, perché adesso si
decide personalmente quando e come ci si ammala… Sono andata a scuola con la
testa a pezzi per il dolore. E, probabilmente, se non fosse subentrata la
febbre ci sarei andata ancora. E tutto questo proprio per non spezzare la
continuità del lavoro d’aula. Poi ho dovuto cedere agli eventi. Ma lui, il
medico fiscale, ironizza sulle mie “scelte”…L’ultima volta che sono stata male
seriamente avevo una gamba che non poggiavo a terra bene, e facevo
fisioterapia. Avevo conclamati esami clinici, risonanza magnetica, diagnosi
dello specialista in ortopedia. E quel caro signore mi ha fatto tornare a
scuola che non riuscivo ancora a camminare. Vorrei sapere quanti soldi si
spendono nelle istituzioni dello stato per dar da lavorare a questi burocrati
della medicina. E mi chiedo a cosa servano, in effetti, queste figure
professionali. Certo, il mio è un pensiero assolutamente personale. Ma se dico
ad un medico che non sto bene, mi aspetto che mi visiti e che mi dia un suo
parere. Non che faccia come se non avesse sentito. Nell’Italia che ci
ritroviamo, tormentata da stragi, terremoti, in crisi con l’euro, sarebbe
auspicabile una maggiore serietà da parte dei medici di famiglia e un impiego
diverso per questa gente che, sicuramente, non si sente nemmeno molto
gratificata nel suo lavoro, e tratta con ironia, superficialità e sufficienza
chi lavora con impegno e in modo assolutamente onesto e trasparente solo per lo
stato, che tra le tante figure professionali che fanno con pressappochismo il
loro mestiere, non ha proprio bisogno di sentirsi ulteriormente preso per il fondoschiena
da chi si fa chiamare dottore.
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