Povera Italia nostra
Quello
che sta accadendo da una decina di giorni a questa parte non credo possa
ricordare simili eventi nella storia passata. Non perché non vi siano state
stragi mafiose o terroristiche. E chi può dimenticarle! Non perché non abbiamo
già vissuto altri terremoti devastanti come il Friuli, l’Irpinia, L’Aquila. Non
perché non vi siano state crisi politiche ed economiche. Ma quello che pare
inverosimile in queste ore è la concentrazione negativa di forze maligne, che
fa apparire ancora più disperata la situazione già precaria ed instabile del
nostro paese. Si parla di crisi finanziaria e dei mercati. Di euro debole. Si
paventa addirittura la possibilità di tornare alla lira. E tutto questo perché
l’Italia è in deficit. E mentre si tenta di stringere la cinghia, si torna a
tassare la prima casa, si polemizza sull’IMU e sulle aliquote applicate, si
chiacchiera a gran voce del governo Monti e delle sue strettissime misure
fiscali, che gravano sempre, al solito, sulla gente normale; esplode una bomba,
anzi tre, davanti a una scuola, e uccide, a pochi giorni dalle commemorazioni
rituali della strage di Capaci il 23 Maggio, un’alunna sedicenne dell’Istituto
Morvillo-Falcone di Brindisi. Poi, come una ciliegina sulla torta, solo un
giorno dopo, il terribile terremoto in Emilia mette letteralmente in ginocchio
quasi tutto il centro nord, paventando altre spese ingenti per lo stato che
dovrà sostenere le famiglie degli sfollati e di quanti hanno perso casa e
lavoro nei crolli. L’ultima ondata di scosse significative ha poi gettato nel
panico la gente che si definisce stremata dagli eventi che l’hanno colpita
nelle ultime due settimane. Ma cosa accade? Non bastavano già la crisi di
credibilità della politica, il deficit economico, l’evasione fiscale ormai
generalizzata, e la terribile piaga della mafia? C’era proprio bisogno di un
rigurgito di terrore con le Nuove Brigate Rosse? Era davvero necessario fare
altre vittime innocenti tra i giovani alunni di una scuola? Bisognava
mortificare anche la cultura? E dove non è l’uomo a ferire ci si mette la
natura, con le faglie terrestri che cominciano a muoversi, a scivolare l’una
sull’altra, ad alzarsi di livello, assolutamente ignare di quanta morte e di
quanto dolore stiano seminando in superficie. Chi crede sostiene che è come se
i peccati di cui l’umanità si macchia da sempre cominciassero a ricadere su
tutti quanti, anche su quelli più innocenti che non hanno colpe. Una sorta di
contrappasso dantesco che si verifica nella storia dell’uomo per punire chi
sbaglia e deve in qualche modo pagare. Non so se la terra risente dell’azione
dell’uomo. So per certo che alcune alluvioni, ma anche gli smottamenti e le
frane in montagna, sono spesso causati dagli interventi inopportuni degli
impavidi abitatori della crosta terrestre. Né so quanto ci sia di vero e di
credibile nelle tesi sostenute in questi giorni dal giornalista Gianni Lannes,
che riferisce addirittura di un campo magnetico fortissimo generato da onde
statunitensi attorno alle regioni più colpite dall’ultimo terremoto. Se così fosse
davvero, anche i terremoti, ormai, avrebbero una genesi artificiale, e
strumentale, in questo caso, a mettere definitivamente in ginocchio l’Italia.
Verrebbe, a questo punto, da chiedersi il perché, dal momento che l'America è stato da sempre un paese di cui siamo alleati. E non mi pare, d’altra parte, che il governo Monti voglia in qualche
modo sconfessare le radici della nostra storia moderna e contemporanea.
Certamente di matrice mafiosa e delinquenziale sono invece gli attentati come
quello di Brindisi. Ma anche in questo caso è d’obbligo la domanda sul perché
l’accanimento debba poi estrinsecarsi su giovani vite innocenti. Forse una
strategia del terrore sociale e della destabilizzazione. Indubbiamente, in
questo momento storico, ci vuole molto coraggio ad aver fede che tutto possa
finalmente avere un suo corso naturale verso la conclusione positiva e pacifica
dei conflitti aperti e delle problematiche che ci vedono direttamente
protagonisti in negativo di una fase di decrescita politica, economica,
sociale, ambientale. Soprattutto, ad ogni analisi puntuale dei fatti devono
seguire concrete azioni di risanamento. Non ci salveremo se non attraverso il
duro lavoro di tutti, e i sacrifici. L’epoca della bella vita è ormai finita da
un pezzo. E non ci resta più molto tempo per prenderne finalmente atto e
ricominciare la ricostruzione, che non deve corrispondere solo ad una nuova
edificazione architettonica delle città ridotte a pezzi dal terremoto. Vi è un
lavoro sotterraneo di ristrutturazione delle coscienze, che sono state fatte ugualmente a
pezzi dagli eventi, e che non è assolutamente di minor impegno rispetto a quello
della riedificazione di intere città, ormai del tutto invisibili, nelle quali
anche i fili della comunità sociale sono stati spezzati e dispersi dagli ultimi
tragici fatti di cronaca. Si chiede a gran voce che questa riedificazione
architettonica avvenga con precisi criteri antisismici. E dal momento che quasi
tutto l’arco appenninico da nord a sud viene considerato zona a rischio ritengo
che si debba mettere in sicurezza tutto il paese. Motivi per i quali in uno
stato civile non serve togliere fondi alla cultura e alla ricerca scientifica,
che sono le sole speranze che ci sono rimaste per non ripiombare nell’ignoranza
e nell’oscurantismo paventati da tutti. E se anche dovessero essere utilizzati
solo pochi risparmi degli italiani (e sappiamo bene che così non è) per la “sobria” parata
militare del 2 giugno, mi sembrerebbe molto più assennato che quei pochi risparmi venissero dirottati
sulle popolazioni dell’Emilia, evitando di far salire ancora il prezzo della
benzina per tutti gli italiani. Da uno stato che chiede, giustamente, dei tagli
alle spese inutili, mi sembra che ci si possa aspettare che in un momento di
emergenza come quello che stiamo tutti vivendo in questa terra martoriata
alcune commemorazioni vengano ritenute oramai “superflue” perché eccessivamente dispendiose. Non nell'intento di seppellire
la doverosa memoria storica del nostro paese, ma per conferirle il senso
dignitoso e grave che in questo momento deve, di necessità, accompagnare la
stessa storia dalla quale la nostra repubblica è nata. D’altra parte esiste una
tipologia di commemorazione “nel silenzio" che non è meno incisiva di
quella che viene esteriormente manifestata e detta. Ma Monti questo forse non
lo sa.
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