Il Brigante Primiano
Il
campogiovese Giovanni Presutti è autore, tra gli altri libri, anche di un
romanzo storico, intitolato Il Brigante Primiano. La vicenda narra le
vicissitudini umane del giovane Fabiano Marcucci, bravo figliolo e onesto
lavoratore alle dipendenze di don Vincenzo Ricciardi, signore di Campo di Giove
che aveva preso a cuore le sorti del ragazzo. La sua famiglia, difatti, versava
in gravi difficoltà economiche.
Prendendolo a lavorare per sé Don Vincenzo pretendeva però da Primiano onore e
rispetto, nella maniera più consona alla tradizione di vecchio stampo
patriarcale, fino a sentirsi in dovere di imporgli un matrimonio combinato, che
il giovane non riusciva a concepire, essendo a sua volta innamorato di una
contadinella che incontrava sui monti della Maiella, quando andava al pascolo.
La promessa fatta da don Vincenzo alla madre della sfortunata compaesana non
corrisposta, indusse il signore a minacciare seriamente il giovane, fino a
costringerlo alla reazione, che da Primiano non si fece attendere e che fu
spropositata, condita di ingiurie e aggressività verbali e fisiche. Il Marcucci
era a questo punto condannato alla macchia, e non poteva che farsi brigante,
per la mentalità dell’epoca, vivendo fino al 1866, anno della sua presunta
incarcerazione, sulla Maiella, protetto dalle ire vendicative di don Vincenzo e
della sua famiglia, disonorata dal comportamento irrispettoso del giovane.
Primiano fu, così, libero, a caro prezzo, di amare la sua Giovannella, dalla
quale ebbe anche un figlio, morto purtroppo in circostanze oscure ancora in
tenera età. Fece parte di bande che saccheggiavano e derubavano, anche
uccidendo, i malcapitati avventori di quei monti abruzzesi, per anni, e divenne
poi anche il capo del suo gruppo, che si fuse più tardi con quello di un altro
noto malfattore della zona. Primiano macchiò la sua fedina penale di ruberie,
omicidi, vandalismi di vario tipo. Ma il giovane campogiovese, nel racconto
umano che ne fa il Presutti, desta simpatia e pietà compassionevole, per come
ha inizio la sua storia di brigante. Primiano era, infatti, soprattutto un
giovane innamorato e devoto alla sua bella. La vicenda che sembra singolare,
getta invece luce sui motivi reconditi del brigantaggio meridionale. Non
dimentichiamo che la banda di Primiano agì in Abruzzo, spostandosi anche nelle
Marche e in Puglia. Spesso, infatti, quelli che vennero considerati disertori e
traditori dello stato italiano appena costituitosi, non erano altro che giovani
in cerca di lavoro, che provenivano da vicende di miseria personale e familiare,
o da soprusi causa di tragedie umane come quella di Primiano. Ciò che la storia
ha tramandato come una serie di eventi rivoltosi di carattere politico fu il
risultato di modalità clientelari di asservimento del più debole al più forte
di antico sapore feudale. Non avendo altra via d’uscita, proprio come oggi
accade per i ragazzi non scolarizzati, che vivono ai margini della società, e
che spesso diventano le vittime di un sistema mafioso che li utilizza nel
peggiore dei modi, strumentalizzando il loro malessere a fini affaristici spregiudicati
e criminali, ugualmente accadeva con i briganti del Mezzogiorno italiano,
quando qualcuno di loro si ribellava alla vessazione e al sopruso dei signori
locali, che ben poco avevano da condividere con il nascente stato unitario. E,
non a caso, laddove lo stato è debole o assente, mette radici la malavita
organizzata, e il crimine diventa la quotidianità di chi non ha altre armi o modalità
per esprimere il proprio dissenso nei confronti di un sistema fatto di benefici
e di privilegi, che superano o aggirano in ogni modo il normale uso della legge,
danneggiando la popolazione, che ne fa inevitabilmente le spese. Proprio come
accade oggi, a centinaia di anni di distanza da quei fatti oscuri della storia del
periodo postunitario.
Articolo pubblicato su foggiaonlinenews
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Dove si può acquistare il romanzo di Giovanni Presutti IL BRIGANTE PRIMIANO ?
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