Perdere tutto

Molto spesso in questi giorni successivi al terremoto in Emilia ho sentito la solita frase "hanno perso tutto". Ovviamente i cronisti e i commentatori delle notizie si riferiscono ai beni materiali, soprattutto alle case crollate, volendo alludere al fatto che gli emiliani (pochi se si confronta l'intensità del terremoto con quello dell'Aquila, moltissimi se si pensa al numero degli sfollati e non solo dei 17 morti) hanno perduto le loro abitazioni e vivono in tendopoli che, per il gran caldo di questi giorni, sono diventate difficili da abitare, sia di giorno che di notte, per i più anziani e per quanti sono bisognosi di cure e di soccorsi. A pensarci bene, però, perdere tutto vuol dire perdere qualunque cosa che non si possa più ricostruire. L'idea della perdita irreparabile, incolmabile come un lutto, è propriamente ciò che si addice perfettamente all'espressione "perdere tutto". D'altra parte si sa che solo alla morte non c'è rimedio. E che, ad ogni modo, si può ritenere già abbastanza fortunato chi, nell'ultimo sisma italiano, che ha squarciato la terra con fuoriscita di sabbie fangose dal sottosuolo, e conseguente pericolo di crolli per le abitazioni rimaste ancora in piedi, abbia almeno salvato la vita. Eppure si continua ad usare, impropriamente, l'espressione "perdere tutto". Certo esistono livelli di soglia diversissimi per la percezione della tragedia umana. E sicuramente il sisma emiliano in tutta la sua gravità può essere considerato, a buon diritto, un evento catastrofico per le popolazioni colpite, per l'Italia dei beni culturali ed archittetonici, perché il patrimonio artistico e storico che si rischia di perdere in questi giorni è davvero immenso, ma anche per le già tanto tormentate tasche degli italiani, chiamati ripetutamente attraverso la pressione fiscale del governo Monti a rimpinguare le prosciugate casse dello stato. I danni del terremoto sono spese ingenti, e la ricostruzione chiede tempo e lavoro. La gente emiliana si dice operosa e pronta a ricominciare. Bisognerà vedere adesso se questo denaro, anche attraverso le donazioni del 45500 (sms dai cellulari) e le più o meno generose donazioni degli uomini dello spettacolo e di quanti hanno possibilità per intervenire concretamente con aiuti economici, arriverà a destinazione compatibilmente con i tempi utili a riattivare la quasi totalità dei capannoni industriali, fermi da giorni per inagibilità. Lasciamo stare le responsabilità a monte. Pare che sia una tecnica di costruzione comunemente adoperata da tutti quella di incrociare queste travi di cemento armato in modo tale che la costruzione edificata risulti stabile solo in condizioni di immobilità. L'importante è che si ricominci. E se si può farlo, allora esiste ancora una speranza per questa gente che, sebbene abbia perso la casa e il lavoro, potrà ancora ritentare. La vita è il valore più grande. L'unico bene da salvaguardare. Non ha prezzo, perché non si può vendere né comprare. Eppure siamo così tanto abituati a leggere tutti gli eventi in chiave economica che se in un sisma di dimensioni davvero grosse si perdono solo diciassette vite, ai rimasti si ricorda continuamente che "hanno perso tutto" perché le loro case sono crollate o pericolanti, e le loro attività produttive sono momentaneamente ferme, per forza di cose. 

Tempo fa, sono anni ormai, avevo un pc come questo, e conservavo tutti i miei lavori nella sua memoria. Libri che sarebbero andati in stampa, articoli, post per i miei due blog. All'improvviso il pc smise di funzionare, e dopo una revisione il tecnico mi annunciò che era andata la scheda madre e non avevo più speranza di recuperare i dati rimasti nella memoria di lavoro del mio computer. In altri momenti ne avrei fatto una tragedia personale. Ma, non so perché, questa volta rimasi quasi indifferente alla notizia. E fui contenta per il fatto di poter rinnovare il mio hardware di lavoro comprando un nuovo pc con caratteristiche completamente diverse, e molto più aggiornate, rispetto a quello precedente. Col passare del tempo poi mi sono accorta che ho perso un bel po' di lavoro. Ma ho anche riscritto molte cose, e sono stata soddisfatta perché probabilmente l'ho fatto meglio che nella prima stesura. Oggi mi rendo conto che non ho perso molto, e che forse il fatto che quel pc si sia bruciato è stato, in fondo, un bene per me. 

Accade così anche per le persone. Spesso ci rotoliamo nel dolore e nelle ferite che ci lasciano sulla pelle quelli che ci hanno usato e poi abbandonato, senza renderci conto che in molti casi è stato meglio per noi che quelle persone siano uscite dal nostro orizzonte vitale, poiché la loro presenza ci avrebbe arrecato sempre e solo altro dolore.

Impariamo ad accettare di più gli eventi. Se le cose sono andate in un certo modo vuol dire che quella non era la nostra strada, non era la soluzione che ci aspettavamo, e invece abbiamo altri mondi, altre storie da vivere.

Nessuno può mai dire in anticipo il significato di quanto accade. Anche perché spesso il valore degli eventi viene attribuito successivamente, dall'osservazione degli effetti da essi prodotti. La speranza non deve mai abbandonare l'essere umano, almeno fino a quando riesce a conservare il suo bene più prezioso che è la vita. Si dice che il sisma in Friuli, che rase al suolo intere città di quella regione, abbia costituito un incentivo alla ricostruzione e rappresentato la chiave di volta per il decollo economico di quelle zone ormai molto ricche.

La comunità, poi, ha il dovere di mostrarsi solidale, e di aiutare come può. In tempi di magra vanno tagliate le spese superflue. Oggi, ad esempio, la parata militare della Repubblica poteva essere evitata. Non per demolire il significato della nostra Costituzione. Al contrario, per conferirle un senso nuovo, di sobrietà del popolo italiano. Perciò, come solidarietà per le vittime e per quanti rimasti nell'Emilia del dolore, sarebbe stato dignitoso devolvere il denaro non speso a quella gente, che ne ha bisogno per ripartire col decoro che da sempre caratterizza il suo modo di essere e di lavorare.

D'altra parte comunità vuol dire anche condivisione, nel bene e nel male. 

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