spari sul governissimo

L'attentato di questa mattina a Palazzo Chigi a Roma, mentre il Governo giurava al Quirinale, è un fatto molto grave. Non so se sia opera di uno squilibrato. Sicuramente il gesto esprime l'insofferenza e il disagio sociale di una classe, ormai più numerosa di quanto si pensi, che è impotente a cambiare il malessere della politica italiana. La violenza non può risolvere i problemi. Anzi, li moltiplica. Ma chi non arriva a fine mese, perché non ha un lavoro, o lo ha perso, o guadagna ottocento euro, è certo di non poter essere compreso da chi ne intasca almeno diecimila. La disperazione deriva dall'esasperazione e dall'incomunicabilità tra la base e il potere. Non è una Democrazia un governo che non ascolta tutte le voci. Alcune delle quali hanno solo il gesto estremo per potersi far udire dai vertici del potere. E questo è un fatto ancora più grave per un sistema che avrebbe voluto rifondarsi sulle ceneri di una politica votata da anni all'immobilismo. Il problema è che finiscono per pagare sempre gli innocenti in Italia. Ricordiamo tutti Falcone e Borsellino, rei di aver fatto solo il loro dovere. La rabbia andrebbe incanalata nelle istituzioni, attraverso la lotta alla mafia, alla criminalità organizzata, al malcostume imperante tra i politici, che dispongono dei fondi pubblici come se fossero proventi di natura privata. Se, però, lo Stato non dà a tutti la possibilità di esprimere le ragioni del proprio personale dissenso, spesso imbracciare un'arma, e ferire una madre in attesa e due carabinieri al lavoro, diventa l'unico modo per farsi sentire.

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