Luce della Memoria di Giovanni Presutti


(in foto La Maiella e Femmina Morta)

Anche quest'anno, nella pausa estiva trascorsa in montagna, ho avuto modo di leggere alcuni libri sulle vicende di Campo di Giove, ridente località a 1064 metri sul livello del mare, sita ai piedi della Maiella, dove sono solita riposare le mie fatiche di un anno di lavoro. 

Ancora una volta ho letto un libro dell'amico Giovanni Presutti, al quale Campo di Giove ha dato i natali, per vederlo poi partire per la Maddalena, dove vive e risiede nel periodo invernale. Giovanni fa, però, ritorno sugli amati monti nelle feste comandate e nel mese di agosto. E quasi ogni anno porta ai suoi compaesani, e ai turisti storici del borgo, un suo nuovo libro, del quale dice sempre che sarà il suo ultimo lavoro di scrittura pubblicato. Spero che continui a non tenere fede al suo impegno, e che il prossimo anno ci farà leggere ancora altre vicende del suo paese di origine. Perché leggere Giovanni Presutti è piacevole, ed è intrigante per i curiosi e gli appassionati di storia, che si abbeverano alle fonti dirette della cultura e della tradizione locali. 

Il libro che ho letto quest'anno si intitola "Luce della Memoria", e fa un po' il punto sulla storia personale del suo autore, le cui vicende si intrecciano con quelle della storia paesana. Campo di Giove fu uno dei siti montani della guerra di liberazione italiana che portò all'unità. E dette i natali al noto brigante Primiano Marcucci, che fu tra i protagonisti delle vicende risorgimentali abruzzesi. Ma è anche nota come località principe degli avamposti più importanti della nota Linea Gustav, che interessava tutta la catena montuosa della Maiella, dal Monte Amaro, a Tavola Rotonda, fino a Monte Coccia, al Porrara e a Monte Malvone. Questa linea "naturale", disegnata geograficamente dal paesaggio abruzzese, era stata individuata dai Tedeschi, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, come linea difensiva, oltre la quale, verso sud, c'erano gli alleati, che molti italiani, anche dai paesi vicini e dalla città limitrofa di Sulmona, cercavano di raggiungere, per mettersi in salvo. Dopo il '43, difatti, Campo di Giove divenne protagonista dei rastrellamenti nazisti, e subì una vera e propria invasione di Tedeschi, ancora più spaventati e, pertanto, agguerriti, per la consapevolezza di avere ormai i giorni contati, grazie all'arrivo degli alleati e alla guerra di Resistenza e di liberazione partigiana. Fatti questi già noti dall'epoca della pubblicazione di "Raus", risalente al 1983. 

La storia che, invece, mi ha questa volta avvinta è relativa alle due leggende che parlano dell'origine della ridente località montana di Campo di Giove. La prima si riferisce al suo nome, e narra di Zeus, Giove, padre degli dei che, seduto sull'Olimpo, espresse un giorno il desiderio di avere sulla terra un posto paradisiaco nel quale soggiornare per riposarsi e, sceso a dare un'occhiata tra i comuni mortali, scelse infine questo piccolo borgo, situato ai piedi della Maiella, che in suo onore denominò Campo di Giove, in quanto sua residenza estiva.

La seconda leggenda risale, invece, al nome della catena montuosa della Maiella che attraversa il borgo campogiovese. La storia racconta di Maya che, nell'intento di salvare suo figlio, ferito a morte in battaglia, cominciò a vagare sui monti, per trovare erbe medicinali miracolose. Ma, dopo aver lungamente cercato invano, si sdraiò sulla montagna, stanca e addolorata, e si addormentò per sempre, morendo di dolore per la sorte ormai inevitabile del suo figliolo. Donde il nome di Maiella a quella catena montuosa, che in questo modo vuole ricordare la disperata sorte della regina Maya. Motivo per il quale quella catena porta anche il nome di "Gigante Dormiente", a memoria della donna pietrificata, con Monte Coccia che rappresenta la testa di Maya; il Porrara che ne è il tronco; e Monte Malvone, il cui profilo ricorda quello delle gambe e dei piedi della sventurata. Si chiama, invece, "Femmina Morta", l'altopiano a 2500 metri di altitudine, sito all'inizio della catena della Maiella, nei pressi di Monte Amaro.

Ancora una volta, perciò, sento di ringraziare l'amico Presutti, per il suo generoso contributo culturale, magnanimemente elargito al suo paese natale. Luogo che ogni uomo che si rispetti non può che continuare a serbare intatto nella memoria, seppure le vicende personali e familiari inducano spesso ad abbandonare terre avare ed impervie, per altre più generose, in cui continuare a vivere per piantare il seme delle proprie radici generazionali.

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